(Max Havelaar--Italia, IPERBOREA, 2007, p.40-44)
Mamma, son tanto lontano
Dal paese ove la vita
Mi donasti, ove brillo
Sul mio ciglio il primo pianto,
Ove crebbi a te per mano,
Ove il tuo materno amore
Mi guidava e conduceva.
Sempre al vfianco mio, fedele,
Mi rialzavi se cadevo;
Ma il destino ha rotto I vincoli
Che ci univano, crudele!
Or son qui in remote lidi
Con me stesso, con Dio, solo!
Pero, mamma, anche se gioia
Io provavo oppur dolore
Non dubitar dell’amore,
Mamma, del tuo figliolo!
Or quattr’anni son passati
Da quand’ero in quella terra
In silenzio sulla riva
A scrutare l’avvenire,
A invocar le cose belle
Che attendevo dal future.
Il presente disprezzavo,
Paradise mi creavo;
Il mio cuore tra gli intoppi
Seminati sui miei passi
Con ardir si apriva un varco
E beato si credeva.
Ma quell tempo quanto presto
Se involato ed e fuggito;
Come un lampo inafferrabile,
Come folgore a svanito.
Oh passando esso ha lasciato
Trace fonde, si, profonde.
Ho pensato ed ho lottato,
Ho gioito ed ho pregato…
Quasi secoli in un volo!
Ho cercato la salvezza,
Ho trionfato ed ho perduto,
E bambino encore poc’anzi
In un’ora anni ho vissuto.
Pero tu mi crederai.
Per il cielo che mi vede,
Mamma, tu mi crederai.
No, non’t ho scordata mai!
M’invaghii d’una fanciulla.
Mi sembrava che l’amore
Abbellisse tutta quanta
La mi vita, in lei vedevo
Come un premio alle mi pene
Inviatomi da Dio,
E per quella gemma pura
Ch”Egli aveva a me concesso,
Ch’Egli aveva a me donato
Nella Sua bonta e premura,
Con il ciglio inumidito
Io felice ringraziavo.
Fede e amore ran tutt’uno
E il mio cuor riconoscente
Ascendeva al Sommo Iddio
E pregava sol per lei.
Solamente dispiaceri
Quell’amore mi frutto:
Un tormento intollerabile
Ilmio cuor mite afferro:
Solamente angosce e pene
Io raccolsi, e non sublimi
Gioie, e invece di salute
Ci fu sol pianto e veleno.
Ma tacer divenne un gusto.
Fermamente ancor speravo,
La ripulsa mi esaltava,
Volentier per lei penavo.
Non centavo I patimenti,
Ma soffrivo con letizia.
Tutto, tutto sopportavo,
Purche niun me la rapisse!
El’immagine che in cuore
Io di lei mi custodivo
Per me era la piu bella
Che ci fosse a questo mondo.
Che accadeva ai sensi miei?
Se l’amor resistera
Sino all’ultimo respire,
Certo in una miglior patria
Alla fine la riavro…
Un principio era d’amor!
Ma cos e questo in confront
All’amor che con la vita
Dio c’infonde quando ancora
On sappiamo belbettar?
Quando, emersi dal materno
Grembo, al seno della mamma
Noi trovimo il primo umore
Per sedar la nosta sete
E negli occhi della mamma
Noi troviam la prima luce.
No, non ce vincoloin terra
Che due cuori avvinca tanto
Quanto il nodo che Dio serra
Trauna madre ed un figliolo.
Ed un cuore che ha intravisto
Tante cose belle, un cuore
Come il mio, anche se solo
Spine ha avuto e manco un fiore,
Puo quell cuor dimenticare
D’una madre la bonta,
Le premure della donna
Che acquetava i miei vagiti,
Mi asciugava a baci il pianto,
Mi nutriva col suo sangue?
Mamma, tu non crederai.
Per il cielo che mi vede,
Mamma, tu non crederai:
Ma non t’ho scordata mai!
Io son qui lontan dal bello
E dal dolce della vita
E le gioie dell’infanzia
Tanto spesso decantate
Consolar nonposson piu
La mia cupa solitudine.
Erto ed irto eil mio cammino.
La ripulsa mi deprime
E il fardello che mi porto
Sulle spalle ognor m’opprime.
Testimoni son le lunghe
Ore di sconforto e pianto
Quando in grembo alla Natura
Triste io recline il capo.
Spesso quando son depresso
Un sospir quasi mi sfugge:
“Padre, donami tra I morti
Cio che in vita non ho avuto!
Padre, quando verra il giorno
Che mi bacera la morte,
Dammi tu nell’aldila
Cio che qui non gustai: pace!”
Ma morendo sul mio labbro
La preghiera a Dio non sale.
In ginocchio io sento che
Un sospir sfugge, ma e:
“Non ancora, mio Signore,
Prima rendimi mia madre!”
(Max Havelaar, IPERBOREA, 2007, p.40-44)
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