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      17 August 2012

      Mamma


      (Karya Multatuli)
       
      Mamma, son tanto lontano
      Dal paese ove la vita
      Mi donasti, ove brillo
      Sul mio ciglio il primo pianto,
      Ove crebbi a te per mano,
      Ove il tuo materno amore
      Mi guidava e conduceva.
      Sempre al vfianco mio, fedele,
      Mi rialzavi se cadevo;
      Ma il destino ha rotto I vincoli
      Che ci univano, crudele!
      Or son qui in remote lidi
      Con me stesso, con Dio, solo!
      Pero, mamma, anche se gioia
      Io provavo oppur dolore
      Non dubitar dell’amore,
      Mamma, del tuo figliolo!

      Or quattr’anni son passati
      Da quand’ero in quella terra
      In silenzio sulla riva
      A scrutare l’avvenire,
      A invocar le cose belle
      Che attendevo dal future.
      Il presente disprezzavo,
      Paradise mi creavo;
      Il mio cuore tra gli intoppi
      Seminati sui miei passi
      Con ardir si apriva un varco
      E beato si credeva.

      Ma quell tempo quanto presto
      Se involato ed e fuggito;
      Come un lampo inafferrabile,
      Come folgore a svanito.
      Oh passando esso ha lasciato
      Trace fonde, si, profonde.
      Ho pensato ed ho lottato,
      Ho gioito ed ho pregato…
      Quasi secoli in un volo!
      Ho cercato la salvezza,
      Ho trionfato ed ho perduto,
      E bambino encore poc’anzi
      In un’ora anni ho vissuto.

      Pero tu mi crederai.
      Per il cielo che mi vede,
      Mamma, tu mi crederai.
      No, non’t ho scordata mai!

      M’invaghii d’una fanciulla.
      Mi sembrava che l’amore
      Abbellisse tutta quanta
      La mi vita, in lei vedevo
      Come un premio alle mi pene
      Inviatomi da Dio,
      E per quella gemma pura
      Ch”Egli aveva a me concesso,
      Ch’Egli aveva a me donato
      Nella Sua bonta e premura,
      Con il ciglio inumidito
      Io felice ringraziavo.
      Fede e amore ran tutt’uno
      E il mio cuor riconoscente
      Ascendeva al Sommo Iddio
      E pregava sol per lei.

      Solamente dispiaceri
      Quell’amore mi frutto:
      Un tormento intollerabile
      Ilmio cuor mite afferro:
      Solamente angosce e pene
      Io raccolsi, e non sublimi
      Gioie, e invece di salute
      Ci fu sol pianto e veleno.

      Ma tacer divenne un gusto.
      Fermamente ancor speravo,
      La ripulsa mi esaltava,
      Volentier per lei penavo.
      Non centavo I patimenti,
      Ma soffrivo con letizia.
      Tutto, tutto sopportavo,
      Purche niun me la rapisse!

      El’immagine che in cuore
      Io di lei mi custodivo
      Per me era la piu bella
      Che ci fosse a questo mondo.
      Che accadeva ai sensi miei?
      Se l’amor resistera
      Sino all’ultimo respire,
      Certo in una miglior patria
      Alla fine la riavro…
      Un principio era d’amor!

      Ma cos e questo in confront
      All’amor che con la vita
      Dio c’infonde quando ancora
      On sappiamo belbettar?
      Quando, emersi dal materno
      Grembo, al seno della mamma
      Noi trovimo il primo umore
      Per sedar la nosta sete
      E negli occhi della mamma
      Noi troviam la prima luce.
      No, non ce vincoloin terra
      Che due cuori avvinca tanto
      Quanto il nodo che Dio serra
      Trauna madre ed un figliolo.

      Ed un cuore che ha intravisto
      Tante cose belle, un cuore
      Come il mio, anche se solo
      Spine ha avuto e manco un fiore,
      Puo quell cuor dimenticare
      D’una madre la bonta,
      Le premure della donna
      Che acquetava i miei vagiti,
      Mi asciugava a baci il pianto,
      Mi nutriva col suo sangue?

      Mamma, tu non crederai.
      Per il cielo che mi vede,
      Mamma, tu non crederai:
      Ma non t’ho scordata mai!

      Io son qui lontan dal bello
      E dal dolce della vita
      E le gioie dell’infanzia
      Tanto spesso decantate
      Consolar nonposson piu
      La mia cupa solitudine.
      Erto ed irto eil mio cammino.
      La ripulsa mi deprime
      E il fardello che mi porto
      Sulle spalle ognor m’opprime.
      Testimoni son le lunghe
      Ore di sconforto e pianto
      Quando in grembo alla Natura
      Triste io recline il capo.

      Spesso quando son depresso
      Un sospir quasi mi sfugge:
      “Padre, donami tra I morti
      Cio che in vita non ho avuto!
      Padre, quando verra il giorno
      Che mi bacera la morte,
      Dammi tu nell’aldila
      Cio che qui non gustai: pace!”

      Ma morendo sul mio labbro
      La preghiera a Dio non sale.
      In ginocchio io sento che
      Un sospir sfugge, ma e:
      “Non ancora, mio Signore,
      Prima rendimi mia madre!”

      (Max Havelaar, IPERBOREA, 2007, p.40-44)
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